Riflessioni in tema di liquidazione del danno per gestione non conservativa del patrimonio sociale
Sentenza Corte di Cassazione 5252/2024, in Foro It., 2024, I, p. 1097 ss
«In materia di responsabilità degli amministratori di società di capitali per gestione non conservativa del patrimonio sociale, la norma dell’art 2486, comma 3, c.c., con la quale è stato previsto che il danno si determini, in assenza di prova contraria, sulla base della differenza dei netti patrimoniali, ha codificato un meccanismo di liquidazione equitativa del pregiudizio secondo quanto la giurisprudenza di legittimità aveva già ritenuto legittimo prima dell’innovazione legislativa; pertanto, essa si applica anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore perché rivolta a stabilire non un criterio (nuovo) di riparto di oneri probatori, ma semplicemente un criterio valutativo del danno»
«In materia di responsabilità degli amministratori di società di capitali per gestione non conservativa del patrimonio sociale, la norma di cui all’art 2486, comma 3 si rivolge al giudice, il quale, ove sia dedotta (e provata) la fattispecie di responsabilità, deve usare il criterio dei netti patrimoniali onde liquidare il danno, salvo che gli amministratori convenuti in responsabilità non dimostrino che il danno effettivo è inferiore».
Sentenza Cassazione n.5252 del 28 febbraio 2024, in Foro It., 2024, I, p. 1097 ss
Commento legale dei nostri esperti
L’art. 2486, comma 3, c.c. introdotto dal CCII prevede il criterio dei cd. “netti patrimoniali”, utilizzabile in sede di liquidazione del danno cagionato da una gestione non conservativa del patrimonio sociale in seguito al verificarsi di una causa di scioglimento.
Tale norma, afferma la Corte, non pone una vera e propria presunzione giuridica, mancando ogni riferimento al riparto dell’onere probatorio, bensì ha come destinatario il Giudice, che è tenuto ad applicare il criterio dei cd. netti patrimoniali, ogniqualvolta non si riesca a dimostrare in giudizio che l’ammontare del danno è diverso.
La massima in questione è innovativa nella parte in cui afferma che tale criterio equitativo di determinazione del danno è utilizzabile in difetto di prova contraria, mentre in pronunce più recenti (ad esempio Cass. 4347/2022), l’utilizzo di tale criterio deve essere accompagnato dalle: “ragioni per le quali, da un lato l’insolvenza sarebbe stata conseguenza delle condotte gestionali dell’amministratore” e dalle ragioni per cui “l’accertamento del nesso di causalità materiale tra queste ultime e il danno allegato sarebbe stato precluso dall’insufficienza delle scritture contabili sociali”.
Prosegue poi la Corte di Cassazione affermando che, siccome tale norma introduce un criterio di valutazione equitativo del danno, destinatario della quale è il Giudice, essa deve ritenersi latu sensu, norma processuale; pertanto la sua applicazione è retta dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che è applicabile anche ai giudizi pendenti al momento della sua entrata in vigore.
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