Il canone “a scaletta” in aumento è legittimo a condizione che tutti i criteri di progressione siano positivamente pattuiti tra le parti al momento della conclusione del contratto di locazione
Sentenza Corte di cassazione n. 4445 del 14 febbraio 2023
«Conclusivamente, è possibile dare continuità al seguente principio di diritto: “Alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, deve ritenersi legittima la previsione di un canone crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto (c.d. “canone a scaletta”)” purché il criterio della sua progressiva variazione in aumento sia obiettivamente prestabilito, al momento della stipulazione del contratto […]» e prosegue affermando che non deve risultare che le parti abbiano cercato di aggirare il limite imposto dall’art 32 della L. 392/1978.
Sentenza Cass. Civ. n. 4445/2023
Commento legale dei nostri esperti
La massima della sentenza in sé considerata sembra porsi in linea con l’orientamento stabilito da Cass. 6695/1987 la quale aveva affermato in linea generale la legittimità del canone c.d. “a scaletta” purché esso fosse ancorato ad elementi predeterminati dal contratto. Ciò onde evitare che le parti potessero aggirare il limite del 75% in materia di adeguamento ISTAT del canone, previsto dall’art 32 L. 392/1978. Il canone a scaletta parrebbe, pertanto, legittimo non in sé considerato, ma solo nel caso in cui nel contratto siano previsti elementi predeterminati che giustificano tale aumento.
«L’accoglimento del motivo nei termini indicati si fonda, oltre che su Cass., Sez. III, 21/6/2017, n. 15348, menzionata supra, sull’orientamento rinverdito da Cass. n. 22908 del 2016 (confermata successivamente, fra le altre, da Cass., 9/9/2022, n. 26619; Cass., 25/07/2022, n. 23145 ; Cass., 12/11/2021; n. 33884; Cass., 27/3/2020, n. 7574 ; Cass., 18/11/2019, n. 29813). La Corte territoriale, pur citando tale precedente, l’ha nella sostanza violato (leggendolo come se avesse conservato il vecchio orientamento, e cioè quello che riteneva legittima la previsione originaria di aumenti, perché ancorata ad elementi predeterminati; orientamento affermato dalle altre decisioni richiamate nei primi due righi della pagina 8 della sentenza), nonché su quelle che ad essa si sono conformate, cioè, fra le altre: Cass., ord. n. 33884 del 2021; Cass., n. 23986 del 2019».
La cassazione del 2016 è di estremo interesse in quanto si da atto di come l’interpretazione a cui per lungo tempo ha aderito la giurisprudenza deriva da una distorta interpretazione della sentenza del 1987 e che quindi non sia affatto necessario, ai fini della legittimità del canone “a scaletta”, l’ancoramento dello stesso a elementi predeterminati dal contratto, rimanendo come unico limite il non aggirare la previsione di cui all’art. 31 della L 392/1978. Come visto supra la Cass del 2016 è stata più volte confermata e ora questa interpretazione può dirsi prevalente, ma possono ancora sussistere dubbi sulla posizione della Suprema Corte qualora si faccia riferimento solo alla massima senza considerare il ragionamento nella sua globalità.
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